Io c’ero…il tempo sospeso

“Io c’ero…il tempo sospeso” – Racconti di vita al tempo della pandemia dall’Ospedale di Perugia.

Prof. Tommaso Todisco Primario di Pneumologia.

Vi racconto di Come mi sono preso il COVID 19.
Prima ondata pandemica febbraio – novembre 2020.
Premessa
31 dicembre 2019: da pochi giorni ero entrato a far parte della fascia d’età degli ottuagenari pensionati che avevano prestato servizio nell’Az.Ospedaliera -Universitaria di Perugia, io come Primario di Pneumologia. Il 30 gennaio 2020 l’OMS dichiara l’epidemia di Coronavirus in Cina Emergenza internazionale. Il 28 febbraio 2020 l’OMS dichiara che la minaccia per l’epidemia di coronavirus al livello mondiale è a livello “molto alto”.L’11 marzo 2020 l’OMS dichiara Covid-19 non più una epidemia ma una pandemia.

Gennaio – marzo 2020 Il servizio sanitario nazionale territoriale…sospeso
In Umbria come anche in diverse altre Regioni, la popolazione si accorse della difficoltà di attivare il S.S. territoriale. Bisognava chiamare il 118 e tentare di farsi portare al PS. Intanto, io, Pneumologo, proprio non me la sentivo di rifiutare una richiesta di aiuto se le condizioni cliniche apparivano preoccupanti.

Coreografie di una catastrofe umanitaria : 2 storie
1.La famiglia italo-francese viveva nei boschi della Sabina vicino Rieti.
Raggiunsi una bella villa isolata nella foresta dei colli reatini sotto il Terminillo già coperto di neve. Entrando fui colpito da un ingresso-tinello con il pavimento trasparente. Una coppia di media età dedita ai viaggi nel lontano oriente, alla meditazione ed alla introspezione. C’era un’atmosfera quasi magica fatta di silenzio, profumo di sandalo e incenso con suggestioni tenui dei percorsi tipo OraZen. Il malato,54a. magro, alto di statura, era a letto, pallido ed ansimante sollevato da 3 cuscini e da diversi giorni presentava una tosse stizzosa, affanno, palpitazioni e dolori al torace, febbre, brivido e sudorazione fredda. Poiché le loro richieste di aiuto al SSN erano inascoltate avevano cercato in rete un “Professore esperto di malattie respiratorie”.L’esame obiettivo rivelava cianosi fredda con SaO2<70%, tachicardico ed aritmico, al torace si rilevavano i segni obiettivi di una broncopolmonite con crepitazioni monolaterali a dx diffuse su tutto l’ambito, sfregamenti pleurici tipici di una polmonite massiva a carico del polmone destro con abbondante versamento pleurico. A livello del BLM si ascoltava un soffio bronchiale tipico di una zona atelectasica. Io dal canto mio mi sentivo di escludere il COVID19 perché la polmonite era monolaterale e mancavano altri indicatori a carico delle prime vie aeree. Con la collaborazione delle cinque persone presenti in casa, ognuno armata di cellulare, si tentava ripetutamente di collegarsi con le strutture sanitarie pubbliche o private che avrebbero potuto agire nell’emergenza ( alcune aziende ospedaliere, Cliniche private, laboratori di analisi, il MMG, farmacie e diverse ambulanze incluso ovviamente il 118).I telefoni muti, assenza di ossigeno gassoso e rifiuto di programmare un ricovero se non tramite un Triage ospedaliero peraltro impossibile senza ambulanze. Siccome Il malato peggiorava a vista d’occhio, pallido, cianotico e tachipnoico e i cinque telefoni squillavano inutilmente ormai da ore,constatata l’impossibilità di accedere a strutture radiologiche per eseguire una semplice radiografia del torace,decisi di allestire un “corridoio umanitario fai da tè” per tentare il ricovero del paziente presso un ospedale dotato di un reparto di Pneumologia & UTIR. Così si formò una colonna di auto che con segnalazioni del pericolo/emergenza si avviò verso Perugia. Erano circa le ore 13 quando, avendo percorso di gran carriera una deserta superstrada Rieti-Perugia ci presentammo in articulo mortis”’al PS dell’ Ospedale S.M.M di Perugia e in codice rosso fu ricoverato nel reparto di Pneumologia &UTIR. Fu confermata così la diagnosi: grave polmonite LID con cospicuo versamento pleurico. Etiologia batterica ( Staphilococcus aureus M.R.+ Haemophilus influentiae tipo B). Escluso COVID19. Il paziente è poi stato dimesso dopo 4 settimane guarito. Questo episodio mi fece toccare con mano un altro aspetto inquietante e cioè che malati acuti “respiratori” non COVID19” correvano il serio rischio di morire a causa di altre forme di polmonite altrimenti curabili.
2. Altra coreografia pandemica
Ponte San Giovanni (PG) ci arrivai in un baleno poichè il raccordo era deserto. Stavo parcheggiando nella piazza quando vidi agitarsi un telo bianco da una finestrella del sottotetto al 7 piano. Il paziente mi indicava l’ingresso di casa. Tutto intorno era silenzio, per strada neanche un cane. Sul pianerottolo indossai i DPI previsti anti SARS-COV2.” In guisa di astronauta entrai in una casa ben arredata, finestre spalancate ( l’avevo chiesto io) ,su due piani: dal piano di sopra, una specie di mansarda ,faceva capolino un uomo mascherato, di circa 40 anni che mi sussurrò che il COVID19 era lui….C’era un salone all’ingresso ed un corridoio con in fondo una serie di stanze dove una donna di mezza età mi disse che era la moglie e che si teneva a debita distanza essendo stata trapiantata da 5a.ed in trattamento con immunosoppressori e steroidi. Non credevo ai miei occhi! Per entrambi, posti in isolamento fiduciario presso la loro abitazione, era stata attivata la procedura” standard” erano stati effettuati i tamponi a domicilio che erano risultati positivi. Inoltre il loro figlio adulto convivente era risultato (ancora) negativo al tampone molecolare. All’EO rilevai una iniziale“ interstiziopatia” subpleurica” bilaterale senza insufficienza respiratoria,SARS-COV2 compatibile. Ebbi modo di visitarlo ancora constatandone poi la guarigione. Mi colpì il fatto che nessuno della famiglia era stato visitato da personale del SSN .La motivazione della sospensione del S.S.territoriale? l’applicazione restrittiva di una recente, circolare ministeriale n.5443.che, mi spiegò un collega ex dipendente della sanità Regionale ed ora in forze a una clinica privata, conteneva le linee guida per fronteggiare la pandemia con divieto di avere contatti non “ protetti” con cittadini malati , specie se con pneumopatia acuta febbrile ( sospetti COVID19) e di sottoporli ad esami clinici ambulatoriali. Partecipai quindi “alla chiamata alle armi” offerta dall’avviso pubblico del 23 marzo 2020 indetto da Az.O.Perugia finalizzato a saggiare l’interesse di diverse figure mediche, anche pensionati, a collaborare con il SSN.

La stampa riferì che” Circa 86 medici avevano risposto al bando di selezione lanciato dall’A.O.di Perugia. I medici in pensione che avevano risposto al bando erano una ventina che erano stati quasi tutti inseriti negli 86 selezionati. Inspiegabilmente però furono semplicemente lasciati tutti a casa e il “tesoretto” di esperienza volontaria e sincera rimase inutilizzato. Io fui definito come “il veterano” dei volontari dalla Stampa (Perugia Today 26/03/2020, La Nazione 30/03/2020, TGR ) che al contrario  aveva subito fiutato la notizia ( vedi l’elenco dei medici volontari).Io intanto come medico non perdevo tempo e infatti il 23/10/2020 fui ricoverato nella SCA Pneumologia &UTIR del Silvestrini. La diagnosi di dimissione del 31/10/2020 fu Polmonite da SARS-COV2. Da medico a paziente di COVID19 ho vissuto in prima persona i fatti terribili della prima ondata. Il reparto che avevo diretto fino al 2008 funzionava molto bene. C’erano quasi tutti i medici di allora compreso il Primario attuale e mi dimostrarono di aver imparato bene la lezione. In particolare nella capacità di diffondere la cultura della terapia intensiva respiratoria non invasiva anche ad altri reparti nel tentativo spesso fruttuoso di evitare al malato di SARS-COV2 l’intubazione.