TOSSICITA’ POLMONARE DA FARMACI (TPA)

TOSSICITA’ POLMONARE DA FARMACI (TPA)

Da quando l’amiodarone è entrato prepotentemente nell’armamentario terapeutico come l’antiaritmico di più ampio spettro e di più largo impiego nel mondo, è stato subito evidente che gli effetti collaterali indesiderati avrebbero potuto costituire, per la loro elevata incidenza, il suo tallone d’Achille.
Mai come in questo caso fu più appropriato l’aforisma ippocratico” primum non nocere, deinde curare” ( Ippocrate di Cos 460aC-377aC) in altre parole “ innanzitutto non nuocere a nessuno”.

La giurisprudenza riporta sentenze di colpevolezza dei medici per :
1. “mancata adozione di misure precauzionali per riconoscere tempestivamente la eventuale comparsa di complicanze respiratorie della terapia stessa;
2 “ mancata assunzione di misure precauzionali ancor più raccomandate in ragione della mancata considerazione per lo stato patologico anteriore del paziente necessario per riconoscere tempestivamente e trattare la pneumopatia da amiodarone”.
3. ”la pneumopatia da accumulo nel parenchima polmonare di amiodarone è da qualificarsi come concausa prevalente dell’exitus del paziente”.
Fin dai primi anni ’80 sono infatti state pubblicate numerose casistiche che evidenziavano la comparsa di effetti collaterali in un’elevata percentuale di pazienti ( che poteva arrivare anche al 70%) di pazienti cardiologici a rischio di TPA affetti anche da Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO,1-3).
Il fenomeno veniva inquadrato già verso la fine del decennio, grazie al fatto che, per ottenere l’efficacia terapeutica, non era necessario impiegare gli alti dosaggi che erano stati inizialmente utilizzati, soprattutto negli Stati Uniti. Il miglioramento delle conoscenze di farmacocinetica e dei meccanismi implicati nelle genesi degli effetti collaterali hanno infatti permesso di ottimizzare l’uso del farmaco e di ottenere una valida risposta terapeutica, non più mediante la più alta dose tollerata (difficile da valutare in un farmaco come l’amiodarone, dotato di lentissima cinetica), bensì mediante la più bassa dose efficace. Tra i fattori che possono essere coinvolti nella tossicità dell’amiodarone risalta la farmacocinetica estremamente complessa, caratterizzata da una lenta fase di distribuzione in tutti i tessuti contenenti cellule adipose, da un volume di distribuzione apparente quanto mai ampio (circa 5000 l), dal progressivo accumulo in molti organi (in particolare polmoni e fegato) e da una lunghissima emivita di eliminazione (19-53 giorni) (4).
Le peculiari proprietà farmacocinetiche dell’amiodarone fanno sì che, al pari degli effetti terapeutici, gli eventuali effetti indesiderati siano molto subdoli nel comparire ed anche molto lenti nel regredire, una volta ridotto o sospeso il farmaco.
Per tutti questi motivi, i requisiti necessari per un uso appropriato del farmaco sono due:
1. La conoscenza delle principali caratteristiche della farmacocinetica dell’amiodarone: la dose totale cumulativa somministrata soprattutto in presenza di insufficienza respiratoria, epatica o renale, è tra i principali fattori coinvolti nell’insorgenza di effetti collaterali; tuttavia, nella maggior parte dei casi, le conseguenze di un dosaggio troppo elevato di un farmaco si rilevano nell’arco di pochi giorni di terapia e la valutazione della concentrazione plasmatica quasi sempre aiuta nell’effettuare un aggiustamento posologico. Nel caso particolare dell’amiodarone, invece, la lentissima cinetica fa sì che solo dopo mesi di trattamento si rilevi la comparsa di un effetto collaterale e sia quindi particolarmente difficile correlarne l’insorgenza con il dosaggio; neppure la concentrazione plasmatica può guidare nell’aggiustamento posologico, dato l’enorme volume di distribuzione e quindi la scarsa affidabilità di questo parametro nel definire l’ effettiva concentrazione tessutale del farmaco a livello dei vari organi di accumulo.
2. Le caratteristiche cliniche generali del paziente da trattare con amiodarone.
Le principali reazioni avverse indotte dall’amiodarone riguardano diversi organi ed apparati tra cui emergono quello respiratorio, il cardiovascolare, il gastroenterico (intestinale ed epatico) e nervoso oltre che la tiroide, gli occhi e la cute.
Effetti polmonari
La tossicità polmonare è l’effetto indesiderato più grave tra quelli che possono essere indotti dall’uso dell’amiodarone, non tanto per la sua incidenza, che è relativamente alta solo nei pazienti a rischio, quanto perché, in taluni casi, può provocare danni irreversibili e letali.
Il primo caso di tossicità polmonare venne descritto nel 1980 come “polmonite interstiziale diffusa”; da allora questo effetto collaterale è descritto in tutte le casistiche pubblicate, dapprima in percentuali elevate, fino al 10-15% (sia a causa degli alti dosaggi impiegati negli anni ’80, sia per l’impiego di criteri diagnostici allargati, poco specifici), in seguito con presenze molto ridimensionate (< 2%) grazie ad un uso più controllato del farmaco. In ogni caso, l’incidenza di effetti tossici polmonari sembra più correlata alla dose cumulativa totale e alla durata del trattamento, piuttosto che alla dose giornaliera. Nella metanalisi di Kerin et al.1, effetti collaterali polmonari intollerabili sono stati descritti in 21/550 casi (3.8%) trattati con amiodarone ad alto dosaggio (≥ 400 mg/die) e solo in 3/537 casi (0.5%) trattati con il farmaco a basso dosaggio (< 400 mg/die). Nello studio ATMA (Amiodarone Trials Meta-Analysis), che ha analizzato 13 trial controllati randomizzati sull’impiego dell’amiodarone in 6500 pazienti con infarto miocardico recente o scompenso cardiaco congestizio, la presenza di infiltrati polmonari è stata diagnosticata nell’1.6% dei casi trattati con amiodarone,
Va comunque sottolineato che i decessi per tossicità polmonare sono divenuti oggi meno frequenti da quando è aumentata la sorveglianza clinica che porta a formulare più precocemente la diagnosi di concomitante BPCO ( broncopneumopatia cronica ostruttiva). Il trattamento con amiodarone in cardiopatici già affetti da broncopneumopatie croniche e quindi a rischio maggiore di tossicità polmonare da amiodarone (TPA) impone anche un monitoraggio pneumologico periodico per cogliere le subdole fasi iniziali della tossicità polmonare del farmaco.
Nel corso degli ultimi 15 anni la letteratura scientifica ha più volte confermato che la TPA nei pazienti cardiopatici con concomitante BPCO ha una incidenza che si attesta intorno al 5-10% dei casi trattati con un incremento del 1% per ogni anno di terapia( Silva MN, et Al. Rev Port.Pneumol.2006 Nov-Dec;12(6):725-30.
Patogenesi della tossicità polmonare da amiodarone
Nel primo stadio della tossicità polmonare, considerato clinicamente benigno e caratterizzato da sintomatologia molto modesta o nulla, il controllo radiografico del torace risulta ancora del tutto negativo; il quadro clinico corrisponde istologicamente ad una forma iniziale di fosfolipidosi polmonare, dovuta all’accumulo di fosfolipidi per inibizione della fosfolipasi lisosomiale. In questa fase iniziale è possibile già rilevare una lieve riduzione della capacità di diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (DLco). Successivamente, in un numero ristretto di casi, si può sviluppare una vera e propria polmonite, o per meglio dire alveolite, caratterizzata dalla formazione di infiltrati ad evoluzione fibrosante. La diagnosi è tutt’altro che facile anche in questa fase ed è spesso una diagnosi di esclusione. La sintomatologia è infatti subdola e aspecifica (comparsa di dispnea da sforzo, tosse non produttiva, malessere generale, astenia, febbricola); il sospetto clinico di TPA richiede la esecuzione di ulteriori tests di diagnostica fisiopatologica respiratoria quali la spirometria completa con valutazione del volume residuo(VR) e la emogasanalisi arteriosa (EGA) e le radiografie del torace ( Rx torace e TAC polmonare).La spirometria dimostra la presenza di un difetto ventilatorio di tipo misto (ostruttivo tipico della BPCO + restrittivo tipico delle interstiziopatie polmonari). La EGA rivela il quadro di una insufficienza respiratoria ipossiemica normo od ipocapnica con tendenza all’alcalosi respiratoria. Il radiogramma del torace può mostrare la presenza di infiltrati interstiziali o alveolari, periferici e prevalentemente apicali, in realtà diagnostici solo in possesso di un precedente quadro radiografico negativo. L’approfondimento diagnostico comprende un test di funzionalità respiratoria con DLco, che deve mostrare una marcata riduzione (> 15%) rispetto ad un test basale (28,30): una riduzione fino al 15% è infatti da considerare un’aspecifica espressione di accumulo di fosfolipidi e di aumento di surfattante, in grado di alterare la capacità di diffusione del polmone( 28,42). La positività del test è tuttavia un criterio di alta sensibilità, ma poco specifico nel permettere di individuare i pazienti affetti da tossicità polmonare. Importante è anche eseguire, in presenza di sospetto diagnostico, una tomografia assiale computerizzata polmonare, che può rivelare un tipico aspetto del parenchima “a vetro smerigliato”.
Ma la TPA per quanto poco frequente non giustifica assolutamente il ritardo diagnostico poiché se in questa fase non si interviene prontamente con la sospensione del farmaco e con un’eventuale terapia steroidea, la malattia può evolvere verso un’irreversibile fibrosi polmonare, riconoscibile alla tomografia assiale computerizzata con un tipico aspetto “a nido d’ape” del parenchima polmonare. Questo quadro clinico finale comporta sempre un’insufficienza respiratoria più o meno marcata ed in un terzo dei casi può condurre rapidamente all’exitus.
In casi di TPA il riscontro autoptico del tessuto polmonare dimostra tipiche lesioni ben diverse da quelle rilevabili nella BPCO:
1- Diffusa ed imponente desquamazione intralveolare di istiociti, emazie, elementi epiteliali pneumocitari ( questi ultimi con evidente iperpla-sia).
2- Fibrina endoalveolare.
3- Ispessimento delle pareti alveolari causato da spesse stratificazioni di materiale amorfo eosinofilo e membrane jaline.
4- Ispessimento interstiziale alveolare.
5- Bronchite ipersecretiva con con accumuli infiammatori cellulari in-fiammatori costituiti da linfociti e neutrofili.
6- Nel lume di gruppi alveolari è presente essudato schiumoso
Diagnosi istopatologica:
polmonite interstiziale fibrosante con danno alveolare diffuso in stadio essudativo, con presenza di membrane jaline……”

Inoltre il riscontro autoptico dimostra anche altre localizzazioni tipiche della tossicità da amiodarone: le pigmentazioni cutanee cutanee fotoesposte e le lesioni oculari consistenti in microdepositi corneali è considerata da molti autori non tanto un effetto collaterale (dal momento che la stragrande maggioranza di essi decorrono del tutto asintomatici) quanto un segno tangibile di presenza tessutale del farmaco.
Conclusioni
L’analisi critica degli effetti collaterali indotti dall’amiodarone permette di trarre alcune conclusioni di interesse clinico: • la maggior parte degli effetti collaterali sono di modesta importanza clinica, sono legati spesso all’elevata dose di carico iniziale e tendono a scomparire con la progressiva riduzione di dose; non richiedono, se non di rado, la sospensione del trattamento; • alcuni effetti da tossicità d’organo potrebbero essere evitati se si valutasse più attentamente la funzionalità di alcuni organi o apparati prima e durante la terapia (broncopneumopatie croniche con ridotta funzionalità respiratoria, insufficienza epatica subclinica, malattie seno-atriali o disturbi di conduzione nodale misconosciuti, distiroidismo latente, ecc.), in modo tale da escludere dal trattamento alcuni pazienti ad alto rischio di sviluppare effetti collaterali o, qualora il farmaco fosse insostituibile, in modo da poterli seguire con controlli ed esami più ravvicinati; • dal momento che in tutte le casistiche riportate in letteratura la maggiore incidenza di effetti collaterali si osserva nei pazienti trattati con dosi ≥ 400 mg/die, mentre sono ben tollerate posologie inferiori, si ritiene consigliabile fare tutto il possibile per somministrare dosi inferiori a quel valore limite; la dose massima di mantenimento dovrebbe quindi essere costituita o da 300 mg/die, tutti i giorni, o da 400 mg/die, per 5 giorni alla settimana.
Le considerazioni che precedono riposano sul fatto che, in ambito civile, l’accertamento del nesso causale si basa, ormai pacificamente, su criteri diversi da quelli richiesti nel settore penale, in quanto proprio ai fini di tale accertamento è possibile far riferimento ad una soglia meno elevata di probabilità rispetto a quella penale, individuabile nella regola del “più probabile che non”.
In particolare, quando il verificarsi di un evento è determinato dalla concatenazione successiva di più cause, anche se non addebitabili ai sanitari, tuttavia l’adozione dell’azione doverosa imprudentemente omessa dagli stessi avrebbe comunque potuto impedire il verificarsi dell’evento stesso.
Al di là di precedenti e successive concause potenzialmente individuabili, nel caso della TPA “l’adozione di semplici misure precauzionali quali la radiografia del torace e le prove di funzionalità respiratoria consentono sempre di riconoscere tempestivamente la eventuale comparsa di TPA e quindi di procedere alla sospensione cautelativa del farmaco ormai rivelatosi pneumotossico.

Ancor più approfonditamente, ai fini dell’accertamento del rapporto di causalità omissiva, va soprattutto fatto riferimento al c.d. giudizio controfattuale, la cui formula deve rispondere al quesito se, il medico, inadempiendo ad un’azione doverosa, non ha contrastato un fattore di rischio già presente nel quadro clinico del paziente.
A tal proposito è illuminante quanto scritto nella precedente giurisprudenza che “l’esame radiografico del torace e le prove di funzionalità respiratoria di base ed i controlli successivi sono particolarmente raccomandati in presenza di persone con patologie bronco polmonari croniche associate ad una cardiopatia ischemica cronica con ridotta frazione eiezione ventricolare.
In altre parole il nesso causale tra la condotta omissiva e l’evento è sussistente quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza e di una legge scientifica, si accerta che, ipotizzandosi come realizzata dai sanitari coinvolti la condotta doverosa impeditiva dell’evento hic et nunc, questo non si sarebbe realizzato.
Mai fu più appropriato l’aforisma ippocratico rivolto ai giovani medici ” primum non nocere, deinde curare”.
Bibliografia consigliata

Amiodarone: tollerabilità generale
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o *Sezione di Cardiologia, Dipartimento di Scienze Ematologiche, Pneumologiche, Cardiovascolari, Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi, Pavia, §Centro Studi Aritmie, Dipartimento Cardiovascolare, Policlinico di Monza, Monza (MI)
o (Ital Heart J 2001; 2 (Suppl 5): 53S-58S)

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